Cibo e benessere: un binomio dimenticato

“Fa che il cibo sia la tua medicina e che la medicina sia il tuo cibo”
Ippocrate di Kos

L’alimentazione come una delle cause principali della salute o della malattia è un insegnamento antico.
Ippocrate, il maestro di Kos, il padre della medicina, lo scriveva già nel 400 a.c. nel trattato “Sulle arie, le acque e i luoghi”, dove parlando delle cause esterne della malattia nominava l’ambiente, inteso come clima, ma anche come fattori sociali e psicologici, il regime alimentare e in ultimo i traumi, quali ferite o lesioni.

Il ruolo fondamentale dell’alimentazione è di nuovo centrale con Galeno, che nel II secolo d.c. nel trattato “Sulle proprietà dei cibi”, consiglia di consumare cibi freschi e vitali, piuttosto che cibi pesanti e di difficile digestione, che potrebbero ingolfare l’organismo e corrompere gli umori.

Alimentarsi correttamente indicava perciò, nell’antica Grecia, un vero e proprio percorso culturale, dove ogni alimento doveva essere spiegato e capito nella sua stagionalità, conservazione e preparazione.
Una sorta di viaggio sensoriale e di educazione al gusto, ai sapori, agli odori, alla sensorialità del cibo.
Cibo che, nella concezione della Grecia antica, che ritrova un interessante parallelo con l’Ayurveda e le medicine tradizionali (ad esempio anche la medicina cinese), non era solo un bene materiale, ma bensì vita, nutrimento, amore, sacralità.

Scott Cunningham, nel suo libro Enciclopedia della cucina magica, edito da Mursia, scrive:

“Il cibo è magia, ed è incontestabile il potere che esercita su di noi. Dal dolce richiamo del biscotto al cioccolato appena sfornato a un carciofo perfettamente cotto al vapore, la seduzione del cibo è sempre pronta per noi. Il mangiare è vita, e non è possibile vivere senza la sua magia”.

In Ayurveda tutto ciò che mangiamo, se preparato con amore e nel rispetto della stagionalità e dei ritmi della natura, ci nutre di vita: il cibo, una volta passata la complessa fase della digestione, molto dispendiosa di energia per il nostro organismo, si trasforma in energia sottile chiamata Prana, Ojas e Virya, ovvero tre grandi forze che donano vitalità a mente, corpo e spirito.

Ayurveda (ayus =vita e veda=scienza) infatti non significa forse scienza della vita?

Questa antichissima medicina esprime un concetto alquanto singolare per la nostra società e per la medicina convenzionale: non è obbligatorio morire di malattia!
L’Ayurveda paragona spesso l’uomo ad una lampada ad olio, dove l’olio rappresenta la sua forza vitale: quando l’olio si esaurisce, semplicemente l’uomo muore.

La morte è vissuta come un fatto naturale e non necessariamente doloroso.

La consapevolezza di cosa mangiamo, la modalità con cui lo prepariamo, la gratitudine per quello che abbiamo sulla nostra tavola, una corretta digestione, sono tutti elementi che concorrono al nostro benessere e alla nostra forza vitale. E che quindi ci mantengono in vita.

Scrive il medico ayurvedico Deepak Chopra:

“Lo scopo dell’Ayurveda non è quello di aggiungere anni alla tua vita, ma di aggiungere vita ai tuoi anni”.
Credo che non ci sia frase più chiara per comprendere lo scopo finale di questa meravigliosa scienza.

Nutrirsi: un piccolo miracolo che si compie

L’alimentazione è un atto importante e delicato, che condiziona direttamente la biochimica del corpo e i nostri stati mentali.
Ogni volta che mangiamo si compie in noi un “piccolo miracolo”: il cibo che introduciamo nel nostro organismo viene lavorato, diventa scarto e nutrimento allo stesso tempo.
Il nutrimento viene trasportato alle cellule (10 mila miliardi in tutto) e gli scarti al sistema linfatico e urinario, fino alla pelle, che è uno dei più importanti organi emuntori, ovvero di depurazione ed espulsione. Non è un caso che quando siamo intossicati, mangiamo con sregolatezza e non seguiamo uno stile di vita sano, anche la nostra pelle ne risente, mostrando irritazioni, secchezza, opacità, brufoli.

Il nostro organismo, come sempre, è un sistema perfetto, in cui con la digestione il cibo diventa parte di noi stessi, delle nostre cellule: “noi siamo quello che mangiamo”, diceva il filosofo tedesco Ludwig Fuerbach.
Si, se fino ad ora hai pensato che quello che mangi si volatilizza magicamente nel tuo stomaco, ti invito a fermarti un attimo e a riflettere sul fatto che invece, ad ogni tuo pasto, nutri le tue cellule, la tua mente e il tuo spirito.
Quel cibo sei tu.
E forse adesso stai iniziando a capire che se mangi cibi spazzatura, industriali, lavorati, pieni di zuccheri e grassi ci saranno delle conseguenze. Quello che mangi non sparisce con la bacchetta magica.

Facciamo una considerazione oggettiva: il nostro organismo è come un acquario, un campo quindi relativamente chiuso; è facile farvi entrare qualcosa, ma non altrettanto farlo uscire. I nostri organi sono programmati per depurarsi quotidianamente, ma sarai d’accordo con me che la chiave gira male in una toppa arrugginita.

Mangiare male e quindi digerire male significa arrugginire tutto il funzionamento (perfetto!) del nostro corpo: la ruggine è determinata dall’assimilazione di nutrienti non adatti e da una cattiva digestione.

Oltre a questo c’è l’aspetto emotivo che gioca un ruolo importantissimo ad ogni pasto: se sono alterato psicologicamente, mangio, ma non digerisco. Se sono nervoso, irritato, triste, è preferibile che non mi metta a tavola.
Allo stesso modo anche traumi, shock e frustrazioni determinano uno stato mentale che non facilità la digestione.

Per questo l’Ayurveda raccomanda caldamente di mettersi a tavola con uno stato d’animo sereno, tranquillo, centrato.
E raccomanda di fare attenzione a quello che mangiamo. Di tornare a dare valore al cibo, ai sapori, ai nostri sensi.

Un’alimentazione consapevole e personalizzata per ciascuno di noi.

Nonostante il fatto che oggi compriamo il pane con codice a barre e raccogliamo frutta e verdura dai banchi del supermercato invece che dalla terra o dagli alberi, il cibo non ha perso le sue vibrazioni magiche.

Ti riporto ancora una frase di Scott Cunningham, che mi piace moltissimo:

“Il cibo è anche energia. Quando ci nutriamo, il nostro corpo assorbe queste energie, esattamente come assorbe vitamine, carboidrati, minerali, amminoacidi e altri nutrimenti. Sebbene percepiamo solo la sensazione che di aver saziato il nostro appetito, in realtà ciò che mangiamo in qualche modo ci cambia.”

La dieta

Se pensi che per me la dieta sia quella della sofferenza, dei morsi della fame e delle privazioni, sei nel posto sbagliato.
Ancora una volta ti riporto al significato che questo termine aveva nell’antichità: dieta, nella sua accezione latina e greca, significa semplicemente “modo di vivere”.
Come vuoi che sia la tua vita?
Chi vuoi essere?
Scegliere cosa mangiare, il ritmo delle tue giornate, la sostenibilità, la stagionalità, significa scegliere chi sei.
Significa essere un consumatore consapevole ed esigente: dare più importanza a quello che molto spesso ingeriamo (o meglio, ingurgitiamo) frettolosamente e inconsapevolmente.
Tornare a dare alla colazione, al pranzo e alla cena il valore che meritano di avere.
Cominciare a capire questi meccanismi significa fare un salto di qualità che non può che portarci al benessere.
Significa iniziare a cambiare le proprie abitudini alimentari, significa rompere gli schemi mentali.

Significa iniziare a vivere in modo autentico.